Testimonianza di Teresa Florio, studentessa di Medicina
Pubblichiamo la bellissima testimonianza di Teresa Florio, ventenne studentessa di Medicina e Chirurgia che, nell’estate 2012, ha partecipato alla missione umanitaria presso l’ospedale La Croix di Zinviè (Benin).
«20 luglio 2012, erano le prime ore del mattino. Bagagli, documenti, raccomandazioni, saluti, trepidazione, tanta trepidazione. E un po’ di stanchezza sulle spalle. Dodici voci, dodici cuori si preparavano a lasciare questo continente , la meta era una terra rossa.
Ma il mio viaggio era cominciato già quattro anni fa. O forse molto, ma molto tempo prima. Nella mia storia il Benin è stato scritto quando ancora non ero di questo mondo, quando il Cielo volle che due preziose vite, quella di mio nonno Romualdo e del dottor Roberto Pennisi, si incrociassero. Forse una delle più belle favole da raccontare.
Ed è così che sulle vestigia di mia sorella Francesca e di mia cugina Giorgia, sotto l’insostituibile guida dell’amico Roberto, mi sono imbarcata nella più bella esperienza della mia vita. Con gli occhi ho finalmente visto quello che mente e cuore sognavano da anni e per la prima volta la realtà ha superato il sogno, lo ha superato in grandezza, in intensità, in colore. Una delle compagne di quest’avventura me l’aveva detto che lì, in Benin, tra quei volti, tutte le emozioni sarebbero state più profonde. E ogni cosa, in effetti, mi ha scavato dentro.
Ho conosciuto persone che scevre di falsi sentimenti, di vuota retorica, di alibi incatenanti si alzano al mattino col solo scopo di dare sé stesse nel tentativo di lenire la sofferenza altrui, là dove i mezzi sono scarsi e a tratti anche nulli. Ma è proprio quando i mezzi materiali vengono meno che la mente umana inizia ad ingegnarsi, ad insegnare a sé stessa. Ho conosciuto persone che nel segno di quella Croce Rossa camilliana, che ora sento anche un po’ mia, hanno seminato e continuano a seminare amore e speranza, là dove il dolore, l’ignoranza e la povertà incattiviscono gli animi, rendendoli talvolta sordi a parole di aiuto e di conforto, talvolta ciechi al giusto. Animi acerbi, destinati a sporcarsi i piedi di terra rossa per sempre.
Tra quelle mura de l’Hopital la Croix di Zinviè ho visto la sofferenza e il dolore più grandi. Là dentro gli sguardi si fanno penetranti, diventavano i più spietati investigatori della mia anima, mi spogliavano e talvolta percuotevano anche. L’istinto sventola la bandiera bianca. Ma poi dietro l’angolo c’erano i colori più vivaci e più brillanti che avessi mai visto, i sorrisi più veri, forse anche più ignari, i suoni più densi, i ritmi più penetranti. La Fede. Quella incondizionata, quella felice, quella che stentavo a spiegarmi, quella che è una cosa sola con la musica. La Fede che preferisco chiamare Amore, quello che c’è dietro una stretta di mano, dietro un abbraccio, dietro un ‘merci’ o un ‘bonjour’ o dietro un silenzio. Quanto amore sentivo dentro i miei silenzi.
L’Hopital la Croixe e lo splendido centro di malnutrizione di Zinviè sono la prova che in questo mondo non è tutto fermo, la prova che non tutti si sono arresi al peso della storia, alle ragioni dei potenti, a quell’agire che ha come sfondo il denaro. Nel Sud del mondo, come nella vita in generale, sapere e saper fare sono importantissimi, ma saper essere è indispensabile. Luoghi che pullulano di forza, di tenacia, di dedizione che per me costituiscono un punto di partenza; con maggiore motivazione ed entusiasmo proseguirò nel mio percorso di studi in Medicina e Chirurgia. So che il Benin ora è nei miei progetti ed è anche lì che desidero portare conoscenze e competenze che nel tempo acquisirò. Dopo che li si vede quei volti, non li si può ignorare. Dunque, punto d’arrivo, punto di partenza, punto di ritorno, luogo dell’anima. Non trascorre un giorno senza che vi abbia rivolto il mio pensiero.
Ho imparato a capire la vera sofferenza, ma soprattutto la vera gioia, la felicità che è fatta di piccole cose o, meglio, di cose grandi ma che non possono vedere, né misurare, né quantificare, che non pesano e non costano, ma che mi rendono una persona fortunata.
Ed è per questo che i bagagli al rientro erano più leggeri, ma molto più pieni.
Un grazie sincero, pieno di emozione, va a tutti coloro che nel segno della Croce Rossa camilliana da anni continuano a sobbarcarsi un ‘peso’ iniquamente distribuito, sulle loro menti e sui loro cuori gravano tutte quelle responsabilità che inevitabilmente l’uomo che agisce in nome dell’Amore deve e desidera assumersi.
In Benin la Fede che trema, che piange, che dubita, che si risveglia, che si interroga, la Fede non preconcetta, ma in divenire, che si costruisce quando più mani lavorano insieme. L’Amore vero, quando la Scienza può percorrere il suo sentiero.»
Teresa Florio